io preferirei fare l’esame al primo appello, ovvero il 6 luglio.

Copertina del menabò

25 giugno, 2007

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Quarta revisione

19 giugno, 2007

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Terza revisione

19 giugno, 2007

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seconda revisione

11 giugno, 2007

Il tema del libro ruota interamente attorno al legame tra parola ed immagine, e porta a far combaciare la forma e il contenuto, la sostanza e l’apparenza in modo da unire quello che dagli albori della filosofia è stato diviso. L’immagine principale è il Saincte Victoire, il monte più volte dipinto da Cézanne e in quest’opera Peter Handke riesce a raccontare le sublimi immagini che gli appaiono lungo il suo cammino, e che gli suscitano anche molti ricordi dell’infanzia in modo tale da dare a quelle immagini un “senso di eternità”, riuscendo a portarle in una dimensione fuori dal tempo. Così in un tessuto di parole si intrecciano le più svariate sfumature di immagini che riconducono lo scrittore in quelle strade che riconducono in cima al Saincte Victoire per analizzare i giochi di colore creati dalla luce e che hanno ispirato moltissime opere del celebre Cézanne. La calma e la solitudine sono temi fondamentali all’interno di quest’opera poiché permettono all’autore di elaborare lo spazio, analizzare i colori attraverso quelle parole legate alla realtà del presente tanto quanto ai suoi ricordi o alle sensazioni che prendono vita al momento della loro creazione. In realtà questo libro è comunque privo di trama (come viene intesa in senso romanzesco) ed è costruito come un libro di fotografie: è una sequenza di immagini descritta però utilizzando le parole, creando nel lettore uno stato d’attesa, è come se stesse per succedere qualcosa ma non accade mai… il tempo è sospeso, immobile e fermo. Ecco che quando finiamo di leggere l’opera ci resta un senso di liberazione della mente dagli schemi e dalla frenesia quotidiana in modo da poter cogliere gli aspetti eterni della natura e la sospensione del tempo.

Quest’opera cerca quindi di mettere in relazione l’individuo con il mondo attraverso un impressione che si esprime attraverso l’immagine, la parola, la forma e il contenuto contemporaneamente; un ponte che lega fantasia, realtà e ricordi.

Prima revisione

4 giugno, 2007

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Questi i due illustri fotografi di cui voglio seguire un po’ le orme.

Stephen Shore mi interessa particolarmente per quanto riguarda i ritratti poichè egli cerca di ottenere un equilibrio tra mondo esterno e fotografo, ovvero un punto assoluto in cui il fotografo  si ritira dietro il mondo visibile e si dissolve nella struttura formale dell’immagine quindi egli si rende presente in essa.
Inoltre lo trovo particolarmente interessante poichè dice di non varcare mai i limiti della naturalezza; perchè ogni eccesso risulta nocivo al fine della rappresentazione.

 Robert Adams invece mi interessa per la sua concezione dello spazio poichè sostiene che i fotografi migliori affrontarono lo spazio come un enigma antiteatrale, un palcoscenico senza centro. Le immagini hanno qualcosa di banale, ma è proprio la semplice superficie delle cose che ci porta a legittimare la difficile rivendicazione del fotografo, la coerenza col paesaggio. Nel riconoscere le qualità comuni dei luoghi, sappiamo che questo è il nostro mondo e che il fotografo non ha barato per cercarvi un senso.

Zion interno

27 Maggio, 2007

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Venezia

26 Maggio, 2007

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